Samuel è un ragazzo di 19 anni con una grande passione: la storia e la geopolitica, fin da quando era bambino. La storia dei diversi popoli che hanno abitato la Terra lo affascina da sempre, portandolo ad avere una continua fame di sapere.
A Samuel non piace rimanere in superficie: gli piace scavare a fondo, poter capire a pieno cosa avviene tra le persone. Questo lo ha portato a fare un viaggio in Palestina, per conoscere una delle guerre più contorte negli ultimi anni.
“Ho sempre avuto un interesse sulla geopolitica e trovo molto interessante ciò che avviene nel Medio Oriente. La questione Palestina-Israele è una delle situazioni più contorte e di oppressione silenziosa che sta avvenendo negli ultimi 80 anni. Per chi promuove i diritti umani e la libertà dell’uomo è impossibile non essere colti dalla questione palestinese proprio per via dei crimini che avvengono ogni giorno nel silenzio.”
“Ho intrapreso un percorso al Centro Missionario di Padova per poi partire con l’associazione Pax Christi in un viaggio in Palestina, nello specifico nelle zone di Gerusalemme ed Hebron.”
“Ho trascorso una settimana immerso nella quotidianità palestinese, ascoltando ogni giorno tante storie diverse di palestinesi che vivono in una condizione di Apartheid e discriminazione da parte dello Stato di Israele. Lo scopo ufficiale del viaggio era quello di aprire gli occhi, prendere coscienza di cosa accade fuori, in posti in cui non se ne parla, dove però vivono persone che hanno sogni e speranze quanto noi. Quello non ufficiale era portare medicine per un ospedale della Cisgiordania e aiuti economici.”

Presa di coscienza in un viaggio in Palestina
“Il viaggio in Palestina mi ha aperto gli occhi su una storia che pensavo di conoscere in parte, ma che in realtà ho scoperto di conoscere ben poco. Sono tornato a casa anche con l’amaro in bocca per tutte le ingiustizie che avevo visto e sentito attraverso le testimonianze. Dall’altro canto sono tornato anche con un senso di stima e ammirazione verso molte persone che ho conosciuto che, nonostante ogni giorno passano momenti di difficoltà e incertezza per il proprio futuro (molti rischiano di essere sfrattati dalle loro case e dai loro campi o di essere feriti o arrestati) sono comunque grate. Tutte erano sorridenti e avevano sempre qualcosa di cui ringraziare. Alcune mi diceveno ‘Sì, io rischio questo…mi può capitare questo di brutto ecc…però ho molto da ringraziare, ho una bellissima moglie, una bellissima famiglia sono grato a Dio per quello ecc…’ E molti erano così.”
“Quasi sempre andavamo in posti non frequentati dai turisti e c’erano anziani che se li guardavi per più di 4 secondi ti chiamavano e ti facevano sedere di fianco a loro. Mi raccontavano la loro storia e la loro vita in breve e chiedevano anche tanto di me, curiosi del perché fossi lì. Alla fine di ogni incontro mi dicevano ‘che Dio ti protegga, che Dio ti faccia vedere la strada’. Erano sempre molto gentili e ospitali, tanto che è capitato mi invitassero a pranzo a casa loro. Quindi nonostante le difficoltà sono le persone più felici che abbia mai visto. Capita così spesso che tra i miei coetanei o gente di qui sia triste, vedendo il brutto in ogni cosa. Potremmo adottare un’altra filosofia e guardare già quello che abbiamo e non quello che ci manca.”
Disinformazione: ecco perché è difficile capire la situazione palestinese

Tornando a parlare della guerra Israele-Palestina, purtroppo, c’è tanta disinformazione e spesso mancanza di informazione. Ciò rende difficile capire effettivamente cosa stia accadendo.
“La questione palestinese va avanti da 80 anni, quindi molti media non hanno più interesse di parlarne, a parte alcune volte. In più c’è una forte censura e manipolazione da parte dei media israeliani, dato che in tutto il Paese vige una forte propaganda. Perciò in Occidente è difficile ci arrivino notizie veritiere, se non attraverso attivisti o testate giornalistiche indipendenti. Questi ultimi spesso riescono a raggirare la censura e raccontare cosa accade davvero. Anche su Instagram si possono trovare pagine di attivisti che raccontano ogni giorno gli attacchi che subiscono.”
Anche Samuel, durante il suo viaggio in Palestina, ha voluto fare informazione, raccontando di ciò che vedeva e di chi incontrava.
In un suo post di Instagram racconta l’incontro con una comunità di beduini. Nel ‘48, durante l’espansione israeliana, alcune comunità beduine si dovettero arruolare nell’esercito israeliano contro i palestinesi, per evitare di entrare in conflitto contro Isreaele. Nonostante questo, ora vivono una situazione di forte discriminazione ed emarginazione esattamente come i palestinesi.
“Le tribù che si rifiutarono di partecipare a questo spargimento di sangue vennero punite pesantemente, furono cacciate dai loro territori originali e si trasferirono nel deserto di Giuda, qui si stabilirono e vissero in pace. Fino a che, con la fine della prima Intifada, ritornarono le persecuzioni. Infatti gli vietarono di spostarsi da territorio a territorio e li confinarono in una piccola area (i beduini sono un popolo nomade, è la loro essenza muoversi con i pascoli), gli limitarono fortemente la fornitura di acqua e gli vietarono di costruire, aggiustare o ingrandire le loro capanne.
Pur essendo stati privati della loro essenza da nomadi, le condizioni di discriminazione e povertà, ci hanno accolto con una ospitalità mai vista prima. Quando arrivammo, sparsero acqua sulla strada per non far alzare la polvere per non farci sporcare, ci hanno offerto caffè, tè e sigarette e si offendevano se non accettavamo, e rifiutarono le nostre sigarette. Ci hanno preparato cibo buonissimo, abbiamo ballato e riso come se fossimo della loro famiglia. Ci hanno fatto sentire dei re in una villa quando stavamo in una baracca ed eravamo seduti per terra ed erano onorati ad averci come ospiti.
Io personalmente ho solo stima per questo popolo che dopo quello che ha passato ha ancora un sorriso enorme stampato sulle labbra. Un popolo com una grande dignità, con una capacità di accoglienza che non ha né muri né confini come il loro essere, una voglia di umanità che tocca a noi liberare.”
Tornare per resistere insieme
Dopo tutto ciò che ha visto, per Samuel è molto difficile rimanere indifferente. Fa ancora più male vedere con i propri occhi tanta ingiustizia, quando si è consapevoli del privilegio che si possiede. Per questo motivo, Samuel vuole tornare al più presto.
“Voglio aiutare concretamente queste persone che devono sopportare soprusi e violenza ogni giorno. In più i palestinesi vogliono essere ascoltati perché si sentono abbandonati e dimenticati. Questo è il motivo per cui molti, una volta che scoprivano che ero straniero, iniziavano a raccontarmi la loro vita e ciò che dovevano passare.”

Ti affascina il Medio Oriente? In questo diario fotografico Antonio Di Guida racconta l’Iran in bicicletta.
Ha in programma di partire con Operazione Colomba, un corpo non violento di pace che da anni opera in Palestina con l’intento di fornire supporto ai villaggi palestinesi, isolati e molto più soggetti a oppressione.
“Ci sono tantissime associazioni che si occupano di volontariato e missioni all’estero. L’associazione Pax Christi ad esempio, organizza non solo viaggi umanitari in Palestina, ma anche in Sudamerica, Africa e Asia. Anche se di stampo religioso, l’associazione a cui mi sono appoggiato non ha intenti legati alla religione, anzi. L’obiettivo era appunto aiutare e rendere sempre più persone consapevoli e coinvolte nella causa. In ogni caso ci sono anche associazioni laiche che offrono opportunità di volontariato.
Perciò per chi avesse desiderio di fare un viaggio di questo tipo, ci sono davvero tante vie che si possono percorrere.”
“Questo viaggio in Palestina è stata un’esperienza che fa crescere e lascia un segno, troppo grande da poter ignorare.”
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