Volontariato in viaggio: quando riconoscere che non ne vale la pena

Fare volontariato in viaggio è una forte esperienza di crescita. Per chiunque decidesse di viaggiare, è fortemente consigliato di fare volontariato per immergersi nella cultura e tra la popolazione locale. Inoltre, l’altro enorme vantaggio, è che permette di risparmiare parecchio, poiché ti assicurerai alloggio e spesso anche il vitto, in cambio di poche ore di lavoro.

Tuttavia, ci sono casi in cui chi ospita i volontari, stravolge completamente il significato di questa esperienza, oppure, sono i volontari stessi a non aver capito cosa significa donare il proprio tempo ed energie ad una causa.

Perciò vediamo quali sono i problemi che possono avvenire facendo volontariato in viaggio e come risolverli!

Cosa significa fare volontariato?

Il volontariato è un’esperienza in cui avviene uno scambio senza soldi. In cambio di alcune ore di lavoro, viene fornito l’alloggio e spesso anche il vitto. Oltre a questo, avviene anche uno scambio umano, in cui si condivide e si impara reciprocamente.

Si stabiliscono prima delle regole, che entrambe le parti devono rispettare. I volontari decidono di fare esperienze simili per portare avanti una causa in cui si crede e per apprendere nuove conoscenze. Non c’è un compenso monetario, ma avviene un baratto. Perciò è importante che i volontari rispettino le regole e ci mettano il loro impegno in ciò che fanno.

Dall’altra parte, chi ha bisogno di volontari, deve fare in modo di offrire un’esperienza commisurata al lavoro richiesto.

Un’esperienza di volontariato in viaggio è da fare almeno una volta nella vita. Purtroppo però, ci possono essere degli intoppi.

Cosa fare in caso di problemi mentre si fa volontariato in viaggio?

Partendo dal presupposto che tu abbia chiaro in mente che cosa significa essere volontario/a, può accadere di incontrare gente disonesta.

Potresti incontrare persone che stabiliscono delle regole con cui sei d’accordo, ma che poi non rispettano.

Nei miei viaggi mi è capitato, ed è avvenuto anche ad Antonio, in un viaggio in Malesia, e che racconta nel suo libro “La strada verso casa“.

Aveva appena finito un’esperienza di volontariato molto positiva, e aveva deciso di contattare un altro progetto sul sito di Workaway, piattaforma che consente di far incontrare viaggiatori e persone locali per appunto permettere lo scambio.

Accetta così di aiutare una famiglia malesiana, che al suo arrivo gli spiega di dover lavorare più ore rispetto a quanto era stato stabilito. Decide comunque di chiudere un occhio e stare a vedere. Durante la sera del primo giorno, già si percepisce un’aria molto pesante, dove gli altri volontari non interagiscono nemmeno tra loro. Il giorno seguente la situazione non è migliore: i lavori sono molto pesanti e anche pericolosi.

Cosa succede quindi? Lo puoi scoprire leggendo il libro, ma nel frattempo condivido un suo pensiero:

“Il volontariato è una forma di lavoro che va rispettata, da entrambi i lati. Quando ci dedichiamo al volontariato noi viaggiatori non percepiamo nessun compenso monetario, ma in cambio vogliamo imparare cose nuove e interagire con la cultura del luogo. Questa è la nostra ricompensa e siamo felici di riceverla. Se il volontariato si trasforma in lavoro, senza condivisione e soprattutto senza nessun insegnamento, non si tratta di volontariato ma di lavoro non pagato (ergo, schiavismo).”

Antonio Di Guida, La strada verso casa

Se perciò un giorno ti troverai coinvolto in una esperienza di volontariato in cui senti di non stare bene e che non è eticamente giusto, puoi fare due cose: comunicare il problema, e vedere se ci si viene incontro, oppure andartene!

Proprio così: lascia stare i sensi di colpa (perché a volte sono questi a fermarci dal lasciare una situazione) e pensa a ciò che è giusto per te, ciò che ti fa stare meglio.

Per concludere, il volontariato dovrebbe essere un’esperienza che arricchisce entrambe le parti. Se non soddisfa le tue aspettative e non è possibile comunicare, passa oltre. Troverai l’esperienza adatta a te!