Sono appena le sei del mattino e riesco a valicare senza problemi via terra il confine che porta da San Diego a Tijuana. Che strano penso dentro di me, non c’è nessuna persona. Cammino ancora fuori dal confine ma dimentico di chiedere il mio visto di sei mesi, poiché l’unico posto per richiederlo è al confine oppure all’aeroporto. Torno indietro e girando l’edificio mi ritrovo nella fila contraria, quella che da Tijuana porta verso San Diego. Migliaia di persone già in fila alle sei del mattino per poter entrare, chi vestito da lavoro, chi da studente e chi invece è seduto sulla strada con delle coperte per coprirsi dal freddo.
“cosa ci fanno quelle persone li?” chiedo ad un uomo messicano fianco a me
“cercano di ritornare nelle loro case in America, sono stati buttati fuori e hanno le loro famiglie e i loro viveri tutti dall’altra parte del confine”
Passo un’ora in fila e ottengo infine il mio visto di sei mesi per rimanere in Messico, pagandolo circa venticinque dollari. Con il sito web couchsurfing.com conosco Antonio, un ragazzo formidabile residente a Tijuana, che ha vissuto per dieci anni a Firenze, Solo per il fatto che si chiama come me, che ha un giglio tatuato sul braccio e che ha mezzo cuore fiorentino dovevo conoscerlo per forza. Antonio si dimostra una persona e guida splendida per tutta la mia permanenza a Tijuana. Nel pomeriggio, andiamo a mangiare un piatto tipico del Messico, conosciuto col nome di chilito relleno papaw, piatto messicano costituito da pezzi interi di peperoncino , arrostito direttamente su una piastra, riempito poi con diversi tipi di cibo, di solito carne, sono poi avvolti in un strato di uovo sbattuto e fritto.
Dopo mangiato torna a lavoro ed io ne approfitto per girare la città scattando qualche foto. Mi accorgo che la criminalità è ben attiva e che fare le foto non è proprio una buona idea, ma in qualche modo riesco a catturare qualche scatto, a fare qualche conoscenza e visitare il grande mercato centrale.
Il giorno successivo visito quello che principalmente è la storia di Tijuana. Guidiamo verso la costa e noto subito il primo grande confine costruito negli anni settanta dalla signora Nixon, ad oggi ricoperto da graffiti, frasi assolutamente meravigliose che portano il nome di fratellanza, libertà e amore contro ogni tipo di conflitto ancora oggi esistente.
Arrivati sulla spiaggia, noto che per qualche decina di metri, il confine continua dentro l’oceano, proprio per impedire ai messicani di attraversare a nuoto.
Le aree sono ricoperte di telecamere infrarossi, luci proiettate ovunque per monitorare il più possibile questa parte del confine che ad oggi è diventata una grande area denominata anche Friendship park. Conosciuto per l’unico luogo in cui i migranti residenti negli Stati Uniti possono incontrare i loro cari rimasti o giunti a Tijuana.
Camminando noto centinaia di nomi scritti sulle barre
“cosa sono questi nomi Anto?”
sono tutti i nomi di messicani uccisi oppure non ripagati dal governo americano dopo le guerre combattute in tutto il mondo. I messicani venivano arruolati assicurandosi cosi attraverso un patto la cittadinanza e un enorme somma di denaro. Entrambi alla fine della guerra non sono mai stati dati.
Questi nomi sono tutte le persone che sono morte in guerra…
la vedi questa bandiera? Se noti è al contrario e al posto delle stelle ci sono tante croci, Questo graffito porta la ribellione contro quel crudele passato di tanti militari messicani che hanno combattuto per gli Stati Uniti d’America.
La vedi questa porta con questo grande cuore raffigurato?
Questa porta unisce una, forse due volte l’anno le famiglie divise ingiustamente dallo stato americano. A volte in questo spazio ci sono stati addirittura matrimoni di persone che si sono amate ma poi divise per burocrazie americane. Se poi andiamo avanti c’è questo monumento che raffigura il primo punto in cui viene descritto il confine, e se noti la scritta del Messico è marcata e tenuta per bene proprio per ricordare l’inizio di questo muro, mentre la parte americana ormai non si nota più.
Il giorno seguente passiamo a osservare un’altra zona del muro, centinaia, forse migliaia di croci inchiodate sulle lamiere per ricordare le persone assassinate nel cercare di superare il confine, a volte il militare urlava una sola volta di fermarsi, altre volte faceva fuoco senza nemmeno pensarci, uccidendo anche madri con bambini in braccio.
Prima di lasciare la grande città Antonio mi porta a vedere un’altra grande storia di Tijuana, la chiamano “La Mujer Blanca”, quella che i locali chiamano familiarmente “La Mona” o “La bambola”: una casa di corpo di donna. L’artista Armando Munoz Garcia. Decise di realizzarlo, distante da Avenida Revolución, cuore brulicante della città. Il risultato è una scultura cava da 17 metri di altezza e 18 tonnellate di peso a forma di donna. Una vera abitazione di cinque piani in cui l’artista ha vissuto per anni con la moglie. Camera da letto con balcone all’altezza del petto, nella testa lo studio dell’artista, la cucina a livello del ventre, nella parte posteriore il bagno. “La mona” ha il braccio destro alzato, con il dito mignolo puntato verso il cielo, a indicare la posizione di Tijuana sulla mappa del Messico. Questa scultura ad oggi è diventata un importante simbolo d’arte di Tijuana.
La vita a Tijuana costa veramente poco in confronto agli stati uniti, un pranzo lo si può pagare circa cinque dollari, ad oggi la cucina di Tijuana è una delle ricercate in tutto il Messico grazie anche a tanti popoli che attraversando l’intero sud America per cercare di entrare negli Stati Uniti, si è assestata in questa città e ha portato le sue ricette.
Una camera in ostello costa circa quindici dollari, abbastanza cara trovandosi nel mezzo del casino più totale, completamente sporche e assolutamente aree non sicure, per questo consiglio vivamente di affidarsi a siti come couchsurfing.com oppure a warmshower, Antonio, il ragazzo che mi ha ospitato lo trovate su questo link ed è assolutamente disponibile a farvi da guida e ospitarvi per qualche giorno!