E se al di là del PIL, il Prodotto Interno Lordo, si misurasse anche la felicità interna lorda?
Negli anni ’70, il sovrano Jigme Singye Wangchuck dichiarò “La Felicità interna lorda è più importante del Prodotto interno lordo” concentrando così le sue strategie di governo sulla qualità di vita dei suoi abitanti, anziché solo della produttività del Bhutan.
Fu un atto rivoluzionario, che prosegue ancora oggi. Tuttavia, se c’è chi si mostra affascinato da questa politica, c’è anche chi si mostra scettico.
La storia della FIL, la Felicità Interna Lorda in Bhutan
Se andiamo ad analizzare il Bhutan, ci rendiamo conto che una serie di fattori incidono molto sulla felicità di questo paese.
Stiamo parlando di una piccola nazione sull’Himalaya orientale e conta appena 780mila abitanti.
Il Paese è famosissimo per l’artigianato e la sua economia si basa principalmente sull’agricoltura. Non esistono linee ferroviarie, ma una buona rete stradale collega le varie zone. Fino agli anni ’70 era impossibile visitare il Bhutan, e oggi visitare questo paese è molto più costoso rispetto a tutti gli altri paesi asiatici.
Le foreste e le aree verdi ricoprono il 75% del suolo bhutanese, grazie alle tante leggi per la tutela dell’ambiente. Inoltre, grazie ai fiumi e le ripide valli, il Paese si concentra sulle energie rinnovabili, producendo energia idroelettrica. Insomma, il Bhutan riesce a riassorbire le emissioni di anidride carbonica più di quante ne produca. Grazie a questi fattori, i cittadini pagano poco l’elettricità!
Si tratta quindi di un paese in via di sviluppo, il cui tasso di povertà è basso rispetto ai paesi vicini, e lo stile di vita è estremamente semplice, principalmente rurale.
Qui, mantenere vive le tradizioni, è un principio. Inoltre, l’ideologia buddhista condivisa da tutta la popolazione, permette ai cittadini di essere felici con ciò che hanno, mantenendo un’attitudine positiva.
La “chiusura” verso l’esterno, la conformazione del territorio, leggi a tutela dell’ambiente, la bassa densità di popolazione, la religione buddhista, sono tutti fattori che aiutano questa nazione. Si tratta infatti di elementi che raramente sono assieme e rappresentano una marcia in più per il benessere generale.
Oltre però a questi fattori “fortunati”, anche la politica interna ha fatto il suo.
Il Ministero della Felicità
In Bhutan esiste il Ministero della Felicità. Esso si occupa del lavoro, l’istruzione e la sanità. Il sovrano si rese conto che un popolo è felice quando questi tre ambiti sono soddisfatti.
Ecco che l’istruzione è garantita, obbligatoria e gratuita fino alle superiori. La sanità è pubblica e gratuita, e il governo paga le spese mediche all’estero qualora ve ne fosse bisogno. inoltre, si cerca di trovare un lavoro a tutti. Chi non ha un lavoro, ha diritto ad un appezzamento di terra di cui prendersi cura.
Il sovrano Wangchuck, padre del re attuale, che istituì la felicità interna lorda, sapeva che un Re amato è un Re che sta tra il popolo. Infatti, lui e la sua famiglia girano a piedi senza scorta. Wangchuck padre poi, a soli 51 anni abdicò a favore del figlio 18enne, riconoscendo che un sovrano più giovane e vicino alle nuove generazioni avrebbe governato meglio, capendo di più le esigenze del popolo.
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Quindi sono davvero felici in Bhutan?
Ricapitolando, abbiamo una politica fondata sul dare alla popolazione istruzione, sanità e lavoro, ovvero tre dei bisogni primari per un essere umano per stare bene e progredire.
Un re che si mette alla pari del popolo, ottenendo così stima e supporto di quest’ultimo.
Una mentalità volta a vedere sempre il positivo, a mantenere la calma e accogliere il minimalismo anziché il consumismo.
Questi sono i tre pilastri che permettono al Bhutan di creare la Felicità Interna Lorda, oltre ovviamente ai fattori “fortunati” che abbiamo visto prima.
Una felicità che, occorre precisare, non si misura in base alla gioia provata nella vita del singolo cittadino, ma piuttosto al livello di contentezza generale, la serenità di poter contare sui propri sovrani, il governo, e i propri vicini.
Tuttavia, se il Bhutan non avesse quei fattori di cui parlavamo, le cose potrebbero incrinarsi. Occorre considerare che parliamo di una nazione davvero piccola. Nel caso di un incremento demografico, il governo dovrebbe sopperire ai bisogni della popolazione aumentando la produzione, diminuendo i servizi, a discapito così del benessere generale dei cittadini. O almeno questo è il modello che ogni paese ha sempre seguito finora.
Inoltre, non è esente da problemi interni. Negli anni ’90 ha portato avanti una pulizia etnica nei confronti della popolazione induista, creando circa 100mila profughi a cui è tutt’ora vietato l’ingresso nel Paese.
Inoltre, solo nel 2021 l’omosessualità è stata legalizzata, con ancora restrizioni per quanto riguarda adozioni e addirittura possibilità di donare sangue.
Perciò il Bhutan è un Paese tutt’altro che perfetto. Esso presenta imperfezioni, ma quale Stato non le ha?
Quello che si spera è ovviamente una evoluzione che sappia mantenere l’equilibrio tra tradizione e riforme, per accogliere anche i bisogni delle nuove generazioni, che avendo pieno accesso a internet vedono le differenze con i Paesi occidentali.
Cosa ci insegna la Felicità Interna Lorda del Bhutan?
Ma alla luce di tutto questo, cos’ha da insegnarci il Bhutan con la sua Felicità Interna Lorda?
La cosa davvero interessante è che una nazione così piccola abbia fatto conoscere al mondo intero un concetto diverso di progresso e ricchezza.
La ricchezza di un Paese è normalmente valutata in base al PIL, quindi in base alla ricchezza materiale. Più un PIL è alto, più un paese sta bene. Ma è davvero così?
Questa storia mette in discussione proprio questo. Per il Bhutan la vera ricchezza non è solo quella materiale, ma soprattutto quella interiore. A questo serve la Felicità interna lorda: per ricordare che tutte le riforme devono permettere un progresso lento e sostenibile, che tiene conto dei bisogni delle persone.
In un mondo, e un’epoca, caratterizzati dal consumo, un Paese che mette davanti lo stare bene delle persone è di per sé, un atto rivoluzionario.