Vivere e viaggiare attraverso la cultura Kuna è stata una delle sensazioni più incredibili trovate in questo viaggio via terra in centro America. La cultura Kuna è molto riservata ed è raro che si lasciano fotografare, ma se ti poni nella giusta maniera e sempre con rispetto, ogni essere umano può aprirti le porte di casa, raccontarti le loro tradizioni e la loro cultura.
I Kuna sono un popolo di circa 30.000 abitanti che vivono nelle isole dell’arcipelago di San Blas, confine caraibica Panama-Colombia.
L’economia dei Kuna si basa principalmente sulla pesca, poi agricoltura e allevamento. Negli ultimi anni i loro vestiti sono stati richiesti da turisti di passaggio ed è per questo che tante donne lavorano per realizzare i molas, una forma di artigianato strettamente legata al loro abbigliamento tradizionale. l’uso di ornare gli abiti con questa tecnica deriva dall’antica abitudine delle donne Kuna di decorare il proprio corpo con disegni geometrici realizzati con colori naturali.
Il popolo è molto fiero, quasi geloso della propria cultura e della propria estraneità al mondo multietnico e spregiudicato che costituisce la base di partenza di qualsiasi nuovo insediamento. Nel 1925, dopo una vera e propria guerriglia fra i Kuna ed i militari panamensi, il popolo ha ottenuto l’autonomia organizzativa e legislativa che ancora oggi godono in pieno.
Si cibano principalmente di riso, carne, mais, banane, cocco e pesce. Gli uomini Kuna difatti sono grandi pescatori, dei veri e propri maestri. In piedi su uno scoglio riescono a lanciare una lancia e prendere un pesce che passa di fuggita. Sono abili cacciatori fin da secoli. Si orientano con le stelle e di notte riescono a vederci molto di più rispetto ad ogni altro occidentale.
La loro religione purtroppo è stata influenzata dall’invasione spagnola, se prima credevano ad un dio che raffigurava l’oceano, la terra, il sole e la luna, oggi credono alla” storia” del cristianesimo. Mi viene da pensare che quando ci fu l’invasione spagnola il capitano scese dalla barca, pose un enorme croce davanti a tutti e disse urlando: “signori, siamo venuti per conquistarvi ma non preoccupatevi abbiamo per voi la risposta di cosa ci sarà dopo la morte!” Il tempo per loro non esiste, le giornate hanno dei ritmi che ormai gli occidentali non comprendono, se dici ad un Kuna di presentarsi alle cinque in un determinato luogo, puoi aspettare anche un paio di ore, oppure le cinque del giorno dopo.
Il fattore medico è molto scarso. La vita media è molto bassa e gli ospedali sono a volte in isole ad un ora o più di barca. Certe malattie che da noi si possono tranquillamente curare, lì sono incurabili. le famiglie hanno difficoltà a conservare il cibo non essendoci frigoriferi o elettricità. Quando le provviste sono finite si aspetta il giorno dopo, anche se il giorno dopo non si sa mai quale sarà. Ma non c’è paura, sanno che la loro terra e il loro oceano non li lascia mai senza cibo. Tutti i giorni, al tramonto, il capo del villaggio chiama le famiglie nella piazza o nella chiesa e si raccontano i fatti salienti della giornata trascorsa, quali problemi son sorti e cosa può esserci per migliorare il popolo. Un Kuna può saltare la riunione solo se è malato, altrimenti è obbligato a radunarsi per rispetto della comunità.
Questo genere di popolazione è la risposta al nostro tempo e al nostro modo di vivere. Non hanno niente e riescono a vivere senza niente.
Nei paesi occidentali se una mattina non suona la sveglia è il panico più totale: i figli fanno tardi a scuola, i genitori al lavoro e tutta la giornata subisce una specie di stortura temporale che accelera i battiti del cuore, il respiro, che aumenta le ansie. Loro sicuramente hanno meno di tutto, dai generi alimentari all’igiene delle abitazioni e degli insediamenti, alle cure mediche ecc. ecc. ma hanno realmente compreso come si vive vivendo nel presente senza doversi preoccupare dell’indomani. Nell’occidente perfino i bambini vivono situazioni di disagio stressanti, iniziano a vivere con il tempo. Ad ogni ora hanno appuntamenti, che col passare degli anni si tramutano in obblighi e doveri da compiere e se questi non si riescono a compiere, si tramutano in ansie o timori. L’essere umano che vive nel progresso e’ imprigionato nel guadagno, una specie di prigione dalla quale non hanno modo di scappare, pena la fame, il bisogno e mantenimento, non lascia spazi sufficienti perché l’uomo possa dedicarsi ad altre attività se non come fuga estremamente temporanea, ma che alla fine diventa stressante come il lavoro poiché vissuta veloce e temporaneamente.
L’organizzazione della società dei Kuna è semplice, ma è chiaro che il problema del tempo personale non appartiene a questa etnia.
“Domani” è una indicazione di massima che può non significare davvero domani ma anche il prossimo mese e oltre. Questo e’ il vero motivo per cui e’ importante vivere e prendersi cura di se stessi oggi e non pensare al domani.
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